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    Cos'è un prione?

     E' una proteina anomala che deriva dalla proteina prionica, presente nelle cellule del cervello di tutti i mammiferi in cui è legata alla membrana che delimita la cellula neuronale. La catena degli amino acidi della proteina prionica si avvolge nello spazio secondo un modo proprio, necessario per la funzione che essa svolge nella cellula. Secondo la teoria conosciuta come "teoria della sola proteina", proposta dal neurologo americano Stanley Prusiner, ad un certo punto la catena amino acidica della proteina prionica si ripiega in un modo diverso, anormale, originando così il prione, che è patogeno perché in questa nuova configurazione acquista la capacità di autoreplicarsi. Legandosi ad altre proteine prioniche normali, le costringe cioè ad assumere la sua stessa struttura anomala. A loro volta i nuovi prioni funzionano da stampo per la conversione di altre proteine prioniche e così via, in un processo autocatalitico che alla fine fa morire le cellule nervose che li contengono. 


    Cos'è la malattia di Creutzfeldt-Jacob?

    E' la degenerazione spongiforme del cervello che può insorgere per cause iatrogene (forme acquisite), genetiche (forme ereditarie) o assolutamente casuali (forme sporadiche); appartiene alla categoria delle encefalopatie spongiformi trasmissibili all'uomo (EST).
    Le forme acquisite sarebbero dovute alla presenza di un prione introdotto dall'esterno, come è successo a seguito della somministrazione dell'ormone della crescita estratto da cervelli infetti di cadaveri. Nelle altre due forme, invece, la proteina prionica diventerebbe spontaneamente il prione o perché intrinsecamente malfatta (il suo gene la produce alterata) o perché nei neuroni intervengono condizioni che ne modificano la struttura.

    La forma classica:  di origine ignota, colpisce gli anziani fra 60 e 70 anni e provoca la degenerazione progressiva del cervello, con demenza e allucinazioni visive. Il decorso avviene in meno di 6 mesi. In Italia si registrano una cinquantina di casi l'anno.

    Nuova variante: è collegata al consumo di carne di bovini colpiti da Bse (encefaloptia spongiforme bovina), colpisce giovani intorno a 30 anni e ha un decorso più lento rispetto alla forma classica. Comporta problemi nella coordinazione di movimenti e nell'equilibrio e comparsa di demenza nell'arco di un anno e oltre.

    Per le due malattie, entrambe mortali, non esistono finora cure e la diagnosi è possibile soltanto dopo la morte, con l'esame istologico del tessuto cerebrale

    Problema salute

     Dall'attuale bassa incidenza della malattia di Creutzfeldt-Jacob (incidenza: una persona su un milione), il rischio per la nostra salute si sta innalzando. Purtroppo, manca chiarezza sui mezzi per combattere le malattie e per salvaguardare l'igiene delle catene produttive che utilizzino materiali di origine animale per l'ancora incompleta caratterizzazione e atipicità della nuova particella "infettiva" che impedisce di ottenere rapidamente test diagnostici o di progettare farmaci specifici; oltre che per la difficoltà di studi clinici ed epidemiologici sull'uomo rapportati ai lunghi tempi di incubazione delle malattie (da 5 a 35 anni dal momento in cui scatta il meccanismo che le scatena).

    Rischi per carne e derivati

    Il rischio che la Bse sia all'origine del morbo di Creutzfeldt Jakob sembra legato al consumo non tanto di carne ma di prodotti bovini contenenti ossa, cervella, midollo, ghiandole linfatiche, milza e intestini. Sembrano sicuri invece tagli magri come filetto, controfiletto e lombo se tagliati da un esperto. Sicuro sembra inoltre il latte. Il pericolo sta però anche in carni disossate meccanicamente che finiscono in prodotti come hamburger, salsicce, würstel, zuppe, pasticci e stufati precotti, o usati anche in gelatine, dadi, grassi per pasticceria, formaggi freschi, alimenti per l'infanzia, pellicole per insaccati e cibi per animali domestici.

    Ipotesi sullo scoppio dell'epidemia

    Secondo il governo britannico, all'origine della diffusione del morbo della mucca pazza nel Paese ci sono tre ragioni principali: l'alto numero di ovini affetti dalla affine malattia del trotto (o scrapie), il prolungato uso di mangimi prodotti con resti di ovini malati e il metodo di lavorazione in uso dalla fine degli anni Settanta per la produzione di questi mangimi. Poiché la Gran Bretagna vanta una popolazione di circa 20 milioni di ovini, si riscontra anche un'alta incidenza di casi di malattia del trotto. Considerando che nel Paese fino all'88 era molto diffuso il mangime prodotto con frattaglie ovine è probabile che fin dalla nascita i bovini siano stati esposti a un maggior rischio di contrarre l'agente infettivo. Sebbene questo mangime sia in uso nel mondo dagli anni Trenta, viene prodotto in Gran Bretagna dalla fine degli anni Settanta senza l'uso di sostanze caustiche, giudicate pericolose per gli operai, e soprattutto con temperature più basse che in precedenza. L'eliminazione di queste sostanze chimiche e il ricorso a temperature più basse potrebbero aver permesso all'agente infettivo della malattia del trotto di sopravvivere prima e di mutare poi.

     


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